A.N.P.I. ED ESODO ISTRIANO

In “Requiem per il popolo istriano” segnalo la mistificazione operata dai movimenti neofascisti e revanscisti italiani, a proposito della questione giuliana.

Dalla fine della seconda guerra mondiale il “revanscismo” ha criminalizzato la sinistra e l’A.N.P.I. ritenendoli responsabili della perdita dell’Istria e di Fiume e del percorso travagliato di Trieste.

Il bersaglio preferito è stato l’internazionalismo comunista.

In pratica Togliatti e l’A.N.P.I. avrebbero regalato, in nome di questa solidarietà, a Tito, il Nord-Est: Gorizia, Trieste, l’Istria, Fiume e Zara.

A d r i a t i s c h e s K ü s t e n l a n d

I PATRIOTI FASCISTI

Da Arrigo Petacco, opinionista monarchico, primo scrittore a riportare, dopo l’istituzione della “Giornata del Ricordo” il dramma giuliano in “L’Esodo” (la tragedia negata degli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia) “A due giorni dall’8 settembre 1943 la cancelleria del Reich decideva ufficialmente la costituzione dell’Alpenvorland con capitale Bolzano e l’”Adriatisches kustenland” con capitale Trieste”.

La liberazione di Mussolini dal Gran Sasso il 12 settembre 1943 aveva posto le basi della Repubblica Sociale di Salò che “faceva suo punto d’onore la difesa dell’integrità della Patria”.

Infatti nella sua carta costitutiva si leggeva fra l’altro che il fine essenziale della politica estera della R.S.I. “dovrà essere l’unità, l’indipendenza e l’integrità della Patria nei termini marittimi ed alpini”.

Il Duce accettò il distacco del Nord-Est anche se “dovette giocoforza rassegnarsi a subire anche questa umiliazione dal suo alleato-padrone”.

Non soltanto.

“Hitler avrebbe comunicato a Goebbels della sua intenzione di espandere il territorio del Reich oltre l’alto Adige e il litorale adriatico.

Il Veneto doveva essere incluso nel Reich in forma autonoma”

A partire dal 15 ottobre 1943 “Gli italiani residenti nella Repubblica Sociale dovevano munirsi del passaporto per recarsi a Udine e a Trieste. Ogni segno esteriore della presenza italiana nel litorale venne gradualmente cancellato”.

Petacco descrive nella sua opera la brutalità con cui venne realizzato il tentativo di snazionalizzare il territorio del Nord-Est, operato dai nazisti, con il consenso di Mussolini.

Nel gennaio 1945 Alessandro Pavolini segretario del partito fascista repubblicano, inviato a Trieste e in Istria per “far pervenire agli italiani delle terre annesse la solidarietà del Duce fu bloccato e trattato dalle autorità tedesche come fosse “l’ultimo ministro albanese”.

Quindi con il massimo disprezzo.

Il reale detentore del poter dell’Adriatischekustenland fu Odilo Globocnik. Gruppenfuehrer delle S.S. nato a Trieste ed appartenente ad una famiglia espulsa dalle autorità italiane, nel novembre 1918.

Mussolini e X MAS

DECIMA MAS – GLI ASCARI 

I fascisti italiani furono degradati a ruolo di “ascari”, di criminali impegnati a compiere devastazioni nell’Istria interna, popolata da meno di 50mila abitanti.

Inseriti in due battaglioni della milizia territoriale (M.T.) presenti in una settantina di piccoli centri al comando di Libero Sauro, la Decima Mas con 6 mila  uomini giunti al seguito delle truppe naziste, nuclei di carabinieri, guardia di finanza e reparti della Marina, dislocati a Pola, completavano la struttura repressiva.

A guerra conclusa, a partire dall’estate 1945 alla metà di agosto 1946 la Decima Mas proseguì la lotta armata contro l’occupazione jugoslava, come risulta da “Vergarolla” di Gaetano Dato incaricato da “Circolo Istria” associazione minoritaria degli esuli ad analizzare il periodo post-bellico del Nord-Est.

Questo gruppo di paramilitari, finanziato dei Savoia e dalla massoneria, era costituito da ca 4 mila effettivi e fu costretto a ritirarsi e ad infiltrarsi nel flusso degli esuli in partenza da Pola con la motonave “Toscana” nel febbraio-marzo 1946 .

IL GOVERNO DEL SUD

La monarchia sabauda con il suo seguito, l’8 settembre 1943, si rifugiò nel sud.

Petacco ritenne questo “governo-fantoccio” egualmente corresponsabile dell’abbandono del Nord-Est “Impotente (fellone) e in parte rassegnato o favorevole alla cessione dell’intera regione alla Jugoslavia”, secondo il volere degli alleati anglo-americani.

DE GASPERI E LA QUESTIONE GIULIANA

Quando con la Conferenza della pace di Parigi, 1946, si decise l’assegnazione dell’Istria, a favore della Jugoslavia, il segretario di Stato americano James Byrnes di fronte alle proteste della delegazione italiana, propose di indire in Istria un “plebiscito” con il quale la popolazione avrebbe scelto l’Italia.

Il risultato era prevedibile, gli istriani avrebbero preferito l’Italia, perché già inserita nel sistema americano mentre la Jugoslavia era ancora in preda alle convulsioni di una guerra civile che si protrasse fino alla metà del 1948.

Il governo italiano presieduto da de Gasperi bocciò il progetto e consegnò l’Istria a Tito, dichiarando che “insistere sul plebicito significava far opera contraria agli interessi nazionali”.

Di fronte ad un analogo previsto plebiscito in Alto Adige, che avrebbe comportato la cessione del territorio all’Austria, preferirono conservare l’”energia” che proveniva dagli impianti idro-elettrici alto-atesini preziosi per il sistema industriale del nord Italia e non i “quattro sassi” come con cinismo era stata definita l’Istria.

Trieste 1954

TOGLIATTI   TRIESTE E L’ESODO

Alla conclusione della Conferenza, nel novembre 1946 de Gasperi aveva affidato a Togliatti il compito di trattare con Tito il destino di Trieste per sventare la costituzione del T.L.T. (territorio libero di Trieste) e bloccare l’aspirazione all’autonomia della comunità triestina.

Durante le trattative Togliatti era riuscito ad ottenere da Tito il riconoscimento della “piena sovranità” italiana a Trieste, in cambio di un paio di quartieri di Gorizia, una città esclusivamente slovena.

Il Trattato di pace aveva già ceduto alla Jugoslavia il 60% del centro cittadino di Gorizia e 276 chilometri del contado.

La storiografia moderata ha tacciato l’accordo come un cinico “baratto” e Togliatti un “traditore”.

Quando nel 1954 si concluderà l’esperienza della T.L.T. Trieste pagherà un prezzo insostenibile per il mancato accordo tra Togliatti e Tito.

La città con un esodo biblico di oltre 20 mila triestini, diretti prevalentemente in Australia, che la storia patria ha camuffato come “emigrazione”, subirà un collasso economico-demografico.

L’esodo fu il colpo definitivo a una Trieste mitteleuropea , compromettendo il suo futuro.

Menia, fascista triestino, quando negli anni novanta, con la complicità di Berlusconi, ha imposto la “Giornata del Ricordo” ha evitato l’accostamento dell’esodo triestino a quello polesano.

LA SINISTRA CRIMINALIZZATA 

Inizialmente il P.C.I. aveva assunto, per le infiltrazioni “collaborazioniste” un atteggiamento giustificato  di chiusura nei confronti degli esuli giuliani.

Di fronte al fenomeno di massa, già alla fine del 1946, si rese conto, della complessità del fenomeno.

Una volta giunti in Italia non sarà il P.C.I. a rifiutarli, ma il ceto medio (vedi il P.C.I. e l’Esodo- in “Requiem”).

L’A.N.P.I. segnalò alle Nazioni Unite la pericolosità della presenza di nazifascisti, nel 1946, in Italia e protestò per il riconoscimento dello “status di profugo”.

Da “Requiem” I comunicati di protesta erano concordi nel condannare non tanto le popolazioni in fuga, ma gli elementi che avevano un conto da regolare e al quale volevano sottrarsi.

Del resto non era stato il ministro dell’interno, Mario Scelba, nel 1949 a disporre che a tutti i profughi giuliani, indistintamente, che chiedevano il rinnovo della carta d’identità venissero prese le impronte digitali?.

Marino Micich, notabile del “Centro studi fiumani” accusò l’A.N.P.I. di insensibilità e di ostilità nei confronti degli esuli.

Dimentica che fin dalla seconda meta del 1945, a guerra conclusa, i collaborazionisti jugoslavi: ustascia croati, cetnici serbi e belogardisti sloveni si erano costituiti in un movimento denominato “krizari” (crociati) coccolati e protetti, per il loro impegno anticomunista, dal governo italiano e dal Vaticano.

I RIMASTI

Per la destra revanscista i “rimasti” le comunità italofone istriane e fiumane sono stati considerate “traditrici”.

Il P.C.I., segnalato come nemico del popolo giuliano, all’indomani del Memorandum di Londra e della relativa normalizzazione dei rapporti tra Italia e Jugoslavia, ha ristabilito i rapporti culturali ed umani con questa comunità, allo sbando.

La federazione giovanile del P.C.I., l’U.D.I. e gruppi culturali progressisti hanno avviato una fruttuosa e continua comunicazione con la minoranza istro-veneta, in largo anticipo rispetto a quella, molto flebile ed ambigua, attuata dal governo italiano.

LA GIORNATA DEL RICORDO

La vittoria elettorale di Berlusconi e della coalizione di destra, nel 1994, portò al potere A.N.-M.S.I. posizionandola come un rispettabile movimento post-fascista,  ed europeo.

In realtà era strettamente legato alla leadership della A.N.D.V.G., associazione nazionale della Venezia Giulia, dove come, evidenzia l’antropologa Pamela Ballinger “figuravano personaggi compromessi con il regime fascista, durante la seconda guerra mondiale, che cercavano di legittimare la A.N.D.V.G. che non aveva mai cessato di celebrare rituali associati tanto con l’epoca irredentista, che con quella fascista”.

La legge numero 92 del 30-3-2004 che ha stabilito “la Giornata del Ricordo” è stata, a dir poco contaminata dalla “unilateralità”.

Sarebbe stato opportuno stabilire al suo posto un difficile confronto tra le memorie divise italiane, croate e slovene (vedi saggio “Neofascismo e la Giornata del Ricordo in www.remocalcich.it).

In questi quindici anni la struttura dell’Associazione, diffusa su tutto il territorio nazionale, sotto i riflettori di una opinione pubblica moderata, in larga parte predisposta a loro favore, diventò protagonista.

Sara questa “lobby” ad imporre il ricordo delle “Foibe ed esodo”.

In questa elaborazione legislativa sono state completamente rimosse le responsabilità   del fascismo, considerato dalle destre l’unico movimento “patriottico” e, soprattutto, delle decine di migliaia di esecutori dei crimini fascisti nei confronti di comunità slave, inermi e degli antifascisti italofoni.

Per escludere i valorosi combattenti in Montenegro della “divisione Garibaldi” verrà posta la clausola che escluderà come figure da onorare le vittime di coloro che avevano combattuto “sotto la bandiera” di eserciti stranieri.

In realtà, centinaia di noti ex collaborazionisti, alle dipendenze del nazismo, nell’Adratisches kuestenland, sono stati insigniti da una commissione predisposta “ad hoc”di medaglie al valore civile. Gli storici che nel Friuli Venezia Giulia si sono prodigati per il ristabilimento della verità, sono stati marchiati di infamia come “negazionisti”, primo passo per l’incriminazione penale.

Campo Profughi Altamura

L’INFAMIA DEI CAMPI PROFUGHI 

L’articolo 19 del Trattato di Parigi stabilì che per “Coloro che vivono nei territori ceduti alla Jugoslavia la cui lingua usuale è l’italiano abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana”. Questa clausola determinerà la scelta dell’esodo.

In base al calcolo realizzato dalle associazioni giuliano-dalmate il numero degli esuli sarà di 300/350 mila unità.

Di questi 147 mila sarebbero rimasti in Italia.

Gli altri, alloggiati per anni in baracche fatiscenti e instabili in oltre cento centri di raccolta, in ex campi di prigionia saranno, in prevalenza, costretti a subire, con la complicità delle associazioni degli esuli, un ulteriore dramma, l’emigrazione.

Saranno dispersi ed avviati a lavori tra i più “usuranti” in Australia e Canada.

Hanno pagato duramente il loro “patriottismo”, con l’abbandono della propria terra e della propria casa.

PENSIERO UNICO

Alla reazione “scomposta” di Massimo Giorgetti nei confronti del convegno A.N.P.I. Parma è seguito un atteggiamento di una gravità assoluta da parte del Consiglio della Regione Friuli-Venezia-Giulia.

L’Istituto regionale della storia della resistenza di Trieste aveva commissionato a Raoul Pupo e alla sua “equipe” il “Vademecum per il Giorno del Ricordo” pubblicato il 22 gennaio 2019.

Si tratta di un lavoro di divulgazione storica, dai contenuti moderati, sulla questione adriatica.

Fino a quel momento il prof. Raoul Pupo si era rivelato organico alla A.N.V.D.G..

Il Consiglio della Regione Friuli-Venezia-Giulia ha bollato il testo come “riduzionista” e considerato Pupo un “infame”.

Messo al bando il 26 marzo 2019 ne è stata impedita la diffusione e negato l’utilizzo di sale e teatri del territorio.

Il “Piccolo”, quotidiano di Trieste, definisce la mozione consigliare “Una censura senza precedenti rispetto ad un operazione storiografica condotta dal I.R.S.R.E.C.  secondo i canoni della ricerca scientifica. Si torna al “pensiero unico”, al rifiuto del libero dibattito, confondendo negazionismo ed esercizio della libertà di ricerca e critica.

Una vicenda che non può restare senza una forte risposta da parte di tutti i democratici”.

L’Istituto Nazionale Ferruccio Parri e 445 ricercatori storici hanno inviato, il 2 aprile 2019 un documento di protesta al presidente della Regione Friuli-Venezia-Giulia, Fedriga e al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Tajani a Basovizza

L’IRREDENTISMO

L’irredentismo, sfociato nell’imperialismo fascista, ha costituito, sotto certi aspetti, il “cancro” che dopo la vicenda risorgimentale ha divorato la comunità italiana.

La destra ha trovato nelle vicende del Nord-Est, passando attraverso l’irredentismo un motivo “identitario”.

I suoi bersagli sono stati via via l’Austria, gli slavi, il comunismo, e, infine la democrazia.

Il governo giallo-verde è lo strumento ideale per completare l’operazione di distorsione e di disinformazione della verità storica poste in essere dalla metà degli anni novanta, dalla destra berlusconiana.

La loro “deriva” ideologica condizionerà, perché imposta, la nostra cultura nel prossimo futuro.

No pasaran. 

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- 10 Giugno 2019